I HAD A DREAM
di GC
In dreams begin responsibilities
Delmore Schwartz
Nell’esperienza comune, e come suggerisce anche il dizionario, ogni risveglio presuppone una precedente fase di addormentamento. Il risveglio è infatti il passaggio dal sonno alla veglia e ci sono diverse condizioni in cui questo può avvenire: il risveglio può per esempio essere dolce, brusco o improvviso. In senso figurato, il risveglio denota invece il riscuotersi da uno stato di torpore, di inerzia, di passività (risveglio della primavera, risveglio dalle illusioni), ma anche il fatto di riprendere forza, vigore: risveglio dei sensi, risveglio dell’appetito, risveglio della coscienza.
Possiamo dire che si tratta di un movimento che, nel procedere in avanti, presuppone un ritorno indietro, l’accesso a uno stato precedente: dalla veglia al sonno a una nuova veglia. Certo, è uno stato che si rinnova ogni volta, secondo la filosofia eraclitea del pánta rheî, ma è comunque un processo che si ripete: qualcosa si ripete e nel ripetersi si rinnova. Non siamo lontani da un “ritrovamento” nell’ordine dell’elaborazione dell’oggetto perduto di Freud.
Secondo Jorge, il tema del risveglio sembra designare il cuore di ciò che è in gioco nell’esperienza psicoanalitica e ci racconta un Freud che, dopo Copernico e Darwin, ha prodotto il decentramento dell’uomo rispetto a se stesso con la perdita irreparabile di senso. Rispetto a che cosa la psicoanalisi è dunque un’esperienza di risveglio? È un risveglio verso l’al di là del senso narcisistico e, di conseguenza, immaginario. Lacan radicalizzerà questo discorso introducendo l’idea dell’inclusione del reale nel senso, con tutte le conseguenze che ne possiamo trarre a livello dell’interpretazione e del discorso.
Per fissare un primo punto, potremmo dire che il processo del risveglio, che fa parte del ciclo inevitabile della vita (non si può dormire per sempre), è marcato da un après-coup, ma al contempo il risveglio è un al di là (del senso, dell’immaginario).
I had a dream that I was awake and I woke up to find myself asleep
Stan Laurel
Il sogno, via regia all’inconscio e alla realizzazione del desiderio, è considerato da Freud il vero custode del sonno. Il desiderio di dormire agisce facilitando la formazione del sogno perfino nei sogni traumatici che pure spesso inducono al risveglio. Avere la percezione, mentre si sta sognando, che quello che ci disturba o ci angoscia “è solo un sogno” risolve perlopiù la questione, è la migliore difesa di cui ci si possa armare per continuare a dormire. Nella lettera del 9 giugno 1899 a Fliess, Freud scrive: «Vi è un solo desiderio che qualsiasi sogno intende soddisfare, benché assuma forme diverse. È il desiderio di dormire! Si sogna per non doversi svegliare, perché si vuole dormire. Tant de bruit!…»1.
D’altro canto non è per niente sicuro che, una volta risvegliati, possiamo dirci realmente svegli. Lacan era piuttosto dell’idea che ci si sveglia solo per poter continuare a dormire e che «l’inconscio è precisamente l’ipotesi che non si sogna solo quando si dorme»2. Come sottolinea Manghi: «Il desiderio di dormire, tuttavia, per Lacan non rimane confinato al sogno ma si prolunga nella veglia, nella realtà, fino a diventare la “funzione elettiva” dell’essere parlante. Ma allora, che cosa ci assicura che siamo realmente svegli “se risvegliar(si) è, nella circostanza, tornare a dormire, se nell’Immaginario c’è qualcosa che impone al soggetto di dormire?”»3.
Il secondo punto è allora una domanda: nell’essere umano c’è possibilità di risveglio? Se il risveglio nell’essere umano non è garantito, dovremo quanto meno aspettarcelo nell’analista. In fondo, se c’è dell’analista, è anche in funzione di quanto può sostenere quel punto di inumano che segna l’al di là del fantasma. Dunque perché non aspettarsi qualcosa in più? In realtà l’analista tout court non esiste, tanto più che non è definibile a priori. E’ lì, occasionalmente, in quella funzione, per qualcun altro.
Awakenings
Oliver Sacks
Lacan, al contrario di Freud, rivendica una posizione diversa rispetto ai propri sogni, che non sono per niente ispirati dal desiderio di dormire: «É invece il desiderio di risveglio che mi agita. Insomma, è particolare, questo»4. Più che fare resistenza al risveglio, dunque, Lacan si propone come testa di ariete. Ce lo dice bene Laurent quando differenzia «la formula freudiana secondo la quale i sogni sono una realizzazione del desiderio, da una formula lacaniana in cui i sogni puntano alla realizzazione del risveglio»5. Il sogno diventa allora uno strumento di risveglio6. Il sogno, come il sintomo (e potremmo azzardare, ogni formazione inconscia), sono per Lacan trattabili come strumenti di risveglio: «È necessario risvegliare la gente: questa dimensione del risveglio è assolutamente primaria per noi psicoanalisti, anche perché ce lo insegna l’esperienza. In fin dei conti, il sintomo, anche nell’uomo che più si pretende “razionale”, è qualcosa di torpido che dovrà essere da noi trasformato in segno di risveglio. Ma questo ci impone una vigilanza estrema, e un lavoro costante»7. Nonostante ciò, Lacan non era molto positivo alla fine del suo insegnamento, tanto da sottolineare che, sia per lui che per Freud, alla fin fine «non c’è in alcun caso risveglio»8.
Vigilanza estrema e lavoro costante sono forse stati comunque i meriti più tangibili del percorso incessante di Miller che, dal canto suo, ha cercato di interpretare il sintomo di Lacan e aperto ad atti “immondi”9. La direzione presa è stata, da una parte, quella tra il disincanto e il risveglio della psicoanalisi e, dall’altra, dell’entrata in campo a gamba tesa nel reale della politica, che ha rivelato il suo volto di salvaguardia della politica del reale. Fare del proprio sintomo uno strumento di risveglio è una scommessa non da poco, più semplice lasciarsi ammaliare da quello altrui.
The School is a lonely crowd Carson McCullers
Dunque Freud, Lacan, Miller, e poi? E poi, terminati i padri, la Scuola. Che cosa trarre dall’esperienza singolare come membro di una Scuola di psicoanalisi?
È stato curioso per me costatare che anche la famosa Teoria di Torino10, emanata nel 2000 da Miller agli albori della Scuola Italiana, la teoria della Scuola come soggetto, caposaldo dell’orientamento della SLP italiana, si sia prodotta di prima mattina, nel momento del risveglio, e sia stata poi posta alla prova del sogno della notte seguente, segno che ci sono lampi, guizzi di reale che insistono, forzano il principio di piacere. La Scuola come soggetto è una scuola interpretabile, dice Miller, una Scuola interpretabile analiticamente, come si interpreta un sintomo, come si fa con un sogno, come accade per un analizzante. Il compito più avanzato di reinterpretazione della Scuola è dato agli AE11, anche se ciascuno è chiamato ad assumerne il carico modulando il proprio godimento. La Scuola è soggetto non solo in quanto non-tutta, determinata dai significanti che la rappresentano, con l’importanza precipua che hanno i significanti che la definiscono, ma soggetto anche in quanto “soggetto supposto sapere”, punto di repère per le differenti singolarità e Altro barrato che opera a partire dalla mancanza e dall’etica del desiderio.
Tutto questo è richiesto e atteso dalla Scuola allo scopo di far deconsistere l’immaginario, far operare il Witz e produrre desideri individuali. Tutto questo rimane però tra le righe, nel momento in cui le burocrazie da funzioni si trasformano in regola, le scelte non osano lo scandalo e le solitudini, più che essere trattate come eccezioni, vengono lasciate in solitaria. Per me, tutto questo appartiene a un sogno, ma uno di quei sogni che non ricordiamo più al risveglio: I “had” a dream si potrebbe dire parafrasando il famoso discorso di M L King12. Possiamo invece pensare a una qualche forzatura volontaria che metta alle strette l’immaginario, rinunci ai continui godi-senso, e miri alla rotta del sinthomo? Forse, in questa direzione, anche una segreteria di città può farsi sintomo per la Scuola, diventarne il sogno, per puntare al di là del mero risveglio.
1 S. Freud, Lettere a Wilhelm Fliess [1887-1904], Torino, Bollati Boringhieri, 1990, p. 391.
2 J. Lacan, Une pratique de bavardage, “Ornicar?”, 19, autunno 1979, p. 5.
3 M. Manghi, Il risveglio dal risveglio. Il motivo del risveglio attraverso i seminari di Jacques Lacan, http://website.lacan-con-freud.it/ar/mm_risveglio_EAR.pdf, p. 7.
4 J. Lacan, La terza, “La Psicoanalisi”, 12, 1992, p. 27. Si veda anche il commento sulla differenza tra il “risveglio” in Freud e in Lacan nel testo di C. Koretzly Le réveil. Une élucidation psychanalytique, Rennes, PUR, 2012, in particolare pp. 237-242.
5 S. Baudini e F. Naparstek, Il sogno.La sua interpretazione e il suo uso nella cura lacaniana, Presentazione del XII Congresso della AMP, https://congresoamp2020.com/it/articulos.php?sec=el-congreso&file=el-congreso/presentacion.html.
6 E. Laurent, Una sera di sogno: Verso il XII Congresso AMP, Intervento durante la Soriée de l’AMP, Parigi, 28 gennaio 2019, inedito.
7 P. Caruso, a cura di, Conversazioni con Lévi-Strauss Foucault Lacan, Milano, Mursia, 1969, pp. 134-182, http://website.lacan-con-freud.it/ar/lacan_caruso.pdf, p. 22.
8 J. Lacan, Séminaire XXIV, L’insu que sait de l’une-bévue s’aile à mourre [1976-1977], lezione del 17 maggio 1977, inedito.
9 S. Caretto, Torino occasione di un risveglio, https://www.slp-cf.it/torino-occasione-un-risveglio/.
10 J.A. Miller, Teoria di Torino sul soggetto della scuola, https://www.slp-cf.it/teoria-torino-sul-soggetto-della-scuola/.
11 AE, Analyste dell’Ecole, è il titolo che, nelle Scuole del Campo Freudiano, viene conferito al termine della propria analisi dopo essersi sottoposti al dispositivo della passe, una procedura di controllo degli effetti analitici.
12 “I have a dream” è il titolo del discorso tenuto da Martin Luther King Jr. il 28 agosto 1963 davanti al Lincoln Memorial di Washington al termine di una marcia di protesta per i diritti civili nota come la marcia su Washington per il lavoro e la libertà. In esso esprimeva la speranza che un giorno la popolazione di colore avrebbe goduto degli stessi diritti dei bianchi.