LA SEDUTA BREVE #2
“Sottolineature e tagli di clinica lacaniana”
di GC
Foga
Ma allora quanto costa? Ma è una cosa pubblica o privata? E quanto durano gli incontri? Si sta sempre lì o è a ore? Voi come lo affrontate il problema? Perché ho letto dal sito quello che fate, ma i tempi? Quanto ci vuole tra tutto? Ma dobbiamo venire anche noi o viene da sola? Quindi non fate il ricovero? Il sabato mattina non si può? Ma chi la vede lei o qualcun altro? Ma poi ci sono anche i gruppi? E’ più di una volta alla settimana? E per le analisi come si fa? L’età è quella giusta?
Il giorno del fissato appuntamento tutto tace.
La richiesta incessante manca la domanda e scivola via. Non si può che attendere un giro meno infernale o imparare ad evitare di farsi trovare nel posto del ricevente.
????????? No
Invenzione
L’arte, come la psicoanalisi, spinge all’invenzione. Ma non per arrivare ad un effetto di senso, quanto per trarne un uso particolare che testimoni di un saperci fare con il proprio trauma.
Scrive J-A Miller ne L’invenzione psicotica: “(…) si vede la differenza tra i soggetti che riescono a fare del linguaggio uno strumento e quelli che restano strumenti del linguaggio”. La partita si gioca dunque in questa capacità di “strumentalizzare” il linguaggio.
L’artista, come l’analista, ne fanno la quotidiana scommessa della loro capacità di trasmissione.
Senza l’Altro come garante e standosene più o meno comodamente seduti su quel posto vuoto a ricoprire la loro funzione, che non è un mestiere, dato che non si fa se non con e tramite un altro.
Usi e strumenti
Lapsus
Il discorso scivola inavvertitamente su un cambio di parola: “approvata” al posto di “approdata”. Per una persona che non fa che parlare della sua auto denigrazione non è poco. Sottolineo, prima che la fessura si richiuda. Si produce in automatico un primo rinforzo della negazione: dal “Io sono approvata”, che l’inconscio aveva fatto affiorare e che veniva a contraddire il continuo lavorio auto sabotatorio, al: “Non voglio finire per essere approvata da qualcun altro che non sia io” riportato come nuovo impedimento soggettivo.
In seguito, una battuta su un significante limitrofo alla questione sessuale permette di riprendere lo iato tra la parola detta e il movimento desiderante: “Non dormo bene se non con una persona terza”; “Perché siete già in due?”. Tace, e poi:“Eh perché io valgo doppio!”.
Tra un dire e un detto le parole scivolano nel doppio senso, a volte colto, a volte tralasciato, a volte denigrato. L’emergere di questi significanti non è senza conseguenze, ma è comunque sempre un battito veloce.
Battute
Orchestra
Ci sarà pure una differenza tra dirigere un’orchestra e dirigere una cura! Se il primo attore della situazione deve essere un passo avanti per orientare gli orchestrali verso la buona riuscita della partitura, il secondo non può che tenersi un passo indietro per favorire l’avanzata del soggetto nell’articolazione delle sue coordinate desideranti.
“Un guida che segue”. Non c’è a mio avviso modo migliore per sottolineare la portata rivoluzionaria della posizione dell’analista che, da fine conoscitore dei meccanismi dell’inconscio, opera per far sì che questi si mettano in funzione. Senza padronanza, senza mai mettere le mani al volante di una macchina non sua.
A fronte dei mille e uno incipit di chi sa quale dovrebbe essere il nostro bene e come fare per raggiungerlo, tenere un posto vuoto di sapere, seppure non privo di conoscenze, è il difficilissimo compito di chi non cede, nemmeno nel bel mezzo di un fiume in piena. Gli auguri vanno fatti ad entrambe le parti.
Una scommessa che impegna
Pericolo
Luigino racconta la sua esperienza durante un corso per Accompagnatore Spirituale: “Mi hanno detto stare seduto davanti a un muro bianco, chiudere gli occhi e sentire tutto ciò che si muove dentro: la rabbia, la paura, la tristezza, la voglia di uccidere qualcuno, le fantasie più strane…tutto quello che succede dentro. Ma è molto pericoloso! Che cosa ne fai con quello che arriva?
Loro dicono: “Devi provare la tua creaturalità. Devi accogliere i tuoi pensieri, devi allontanarti dal tuo falso sé, dalle narrazioni che tu ti sei fatto, depersonalizzarti”.
Come ci sono capitato in una gabbia di matti simili io?”.
“Ti danno degli strumenti che usano gli psicologi ma che tu non puoi usare: “Che cosa senti nel dirmi questo? Che cosa provi nel dirmi questo?”.
Ma ti rendi conto di quanto è pericoloso? Che ne sai tu che cosa vai a svegliare in quel povero cristo o povera crista?”.
Standard
No no, non c’è standard, non c’è uniformità, né possibilità di dato statistico quando si parla di soggetto parlante. C’è solo l’ascolto, e la lettura. L’ascolto, la lettura e la logica. C’è solo l’ascolto, la lettura e la logica, quella dell’inconscio. L’inconscio, il proprio, ma non senza l’altro. L’inconscio che è senza No e senza auto conoscenza. Senza tempo o destino. L’inconscio, che è senza. Ed è già abbastanza.
Scrive Lacan ne Il mito individuale del nevrotico: “Come Freud ha sempre rilevato, ogni caso deve essere studiato nella sua particolarità, proprio come se ignorassimo tutto della teoria”. Ecco, l’ignoranza aiuta, la teoria si mette di traverso. Il caso, particolare, singolare, unico, parla. Parla senza dire granché. Ma è più che abbastanza.
Un caso
Sogno
Sogno o son desto? L’attività onirica a volte ci confonde e ci fa stare in una linea di confine tra conscio e inconscio. Freud afferma che il sogno vigila sul nostro sonno, lo favorisce, e arriva a dire che mentre dormiamo siamo più svegli che nella vita diurna, il che non è da prendere necessariamente come un rimprovero, ma certo non fa così piacere.
Nel lavoro analitico, quando il sogno viene ripreso nel processo dell’associazione libera, possiamo doppiamente sorprenderci dell’interpretazione che arriviamo a svelare a noi stessi. Così, un sogno a sfondo sessuale, che già ci aveva fatto specie raccontare, diventa ancora più triviale se sotto i panni dell’amato (in questo caso dello stesso sesso), scopriamo un padre godente e se, negli altri personaggi, vi ritroviamo le figure della sacra famiglia.
Di associazione in associazione, il coraggioso narratore percorre un viaggio negli scantinati del suo inconscio. Ma solo a certe condizioni di ascolto è possibile annodare il racconto nei punti di capitone della sostanza godente e fare del sogno la nostra realtà più veritiera.
Incredibile ma vero